FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 20
ottobre/dicembre 2010

Nel cosmo

 

FABRICE CARAVACA:
RITORNO ALLA PRIMITIVA BELLEZZA

di Viviane Ciampi



La ricerca del poeta francese Fabrice Caravaca si rivela come la messa in orbita di una parola sciamanica, come la celebrazione di un rito primitivo in cui si potrebbero immaginare cadenze percussive e sequenze di canti tribali per celebrare la fine delle ostilità. Il poeta non si dà pace del fatto che l’umanità si smarrisce e chiede – fervidamente chiede – il ritorno alla pura bellezza della creazione, quando la prima donna e il primo uomo erano immuni dal peccato. Siamo al confine di un universo colmo di vibrazioni, immersi in un mondo mitico e senza tempo, o meglio, come avendo in tasca le chiavi di un tempo passato e futuro in grado di reinventare il presente. I versi sono “sogni di multiple realtà”, spesso scritti dal punto di vista di un noi universale e fraterno. Talvolta il gesto poetico si trasforma in una spinta di ricostruzione, in un’arte di vivere lungi dal vuoto interiore in cui domina il verbo “avanzare”. Si avanza, quindi, senza timore alcuno poiché, dice Caravaca: “gli elementi sono dalla nostra parte”. Egli ridisegna città, disdegna le frontiere, si fa voce di profeta: “sappiamo che dopo di noi i nostri figli e i figli dei nostri figli continueranno il cammino”. Nessuna tribolazione cronica, al contrario. E va segnalato che la poesia, qui, non dimentica “l’ossario” dei poeti, la loro preziosa eredità: Caravaca, come già anni prima lo fece Lucien Suel in una sua famosa cavalcata verbale riprende la staffetta, alla sua maniera, per continuare a onorarli. E così la celebrazione della vita si trasforma in memoria inarrestabile, capace di aprire le porte alla gioia, di elevare un canto, di attutire il lutto.



POESIE DI FABRICE CARAVACA


*

Nous nous sommes avancés dans la nuit. Tout cela est venu jusqu’à nous. Poussières. Alors nous nous sommes renversés.

Il ne fait plus si noir. Nous ne souffrons pas. Cela ressemble à un grand vide.

C’est comme un chant. Un cri de joie. Ce sont des mains, des caresses. Il faut que quelque chose nous soit présence. Juste une image. Des pas dans le noir. Et le brun de l’automne et le vin de l’automne. Nous avons soif. Il n’est plus d’endroit où nous ne sommes pas chez nous.

S'avancer et poursuivre sans crainte.


*

Ci siamo spinti nella notte. Tutto questo è arrivato fino a noi. Polveri. Allora ci siamo capovolti.

Non è più così buio. Non soffriamo. Ciò somiglia a un gran vuoto.

È come un canto. Un grido di gioia. Sono mani, carezze. È necessario che qualcosa ci funga da presenza. Appena un’immagine. Passi nella tenebra. E il fosco dell’autunno e il vino dell’autunno. Abbiamo sete. Non vi è più un luogo dove non siamo a casa.

Avanzare e procedere senza timore.


*

Nous commençons. Nous recommençons. Nous ne nous arrêtons plus. Nous sommes ivres déjà de beauté. Nous avançons. Nous n’avons plus le choix. Il y a de grands arbres. Et des histoires tout en haut. Il y a aussi du vert et de la couleur et aussi de la lumière un peu plus loin. Nous en voulons encore. Nous en voulons toujours. Nous sommes vivants.


*

Cominciamo. Ricominciamo. Non ci fermiamo più. Già siamo ebbri di bellezza. Avanziamo. Non possiamo più scegliere. Vi sono grandi alberi. E storie in cima. Vi sono anche del verde e del colore e persino della luce un poco più lontano. Ne vogliamo ancora. Ne vogliamo sempre. Siamo vivi.


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Longue ligne devant et derrière.

Le visage. Un autre visage. De la chair. Des hommes et des femmes comme nus ou dépouillés. Des hommes et des femmes qui respirent.


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Lunga linea davanti e dietro.

Il volto. Un altro volto. Della carne. Uomini e donne come nudi o depredati. Uomini e donne che respirano.


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Avaler la nuit en son milieu. Comme on tremble de tout son être. Nous nous touchons le visage, les tempes. Nous sentons l’air frais du dehors. Nous respirons fort. Nous sentons aussi notre cœur battre fort. Nous ne resterons pas figés au beau milieu de nulle part. Nous nous pensons chez nous n’importe où. C’est déjà comme si nous marchions. Comme si nous avancions indéfiniment et de façon presque imperceptible. Nous ne doutons plus. Nous n’en sommes plus là.

C’est peut-être silencieux ou alors des cris. C’est la nuit qu’on a avalée. C’est une nuit très ancienne que nous avons toujours connue, qui nous a toujours entourés. Ou bien quelque chose qui ne dit pas son nom. Ce sont des fragments de ciel et d’orage. On croirait des souvenirs, des morceaux de rêves épars. Des sortes de sanglots comme emplis de joie sereine. Nos jambes restent comme immobiles. Mais nous sommes certains d’avancer.


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Ingoiare la notte nel suo centro. Come tremare in tutto il proprio essere. Ci tocchiamo il volto, le tempie. Sentiamo l’aria fresca di fuori. Forte respiriamo. Sentiamo anche il nostro cuore battere forte. Non resteremo impalati nel bel mezzo di nessun luogo. Ci pensiamo a casa nostra ovunque. È come se già camminassimo. Come se avanzassimo di continuo e in maniera quasi impercettibile. Non dubitiamo più. Non siamo a questi punti oramai.

Forse ciò è silenzioso oppure ecco le grida. È la notte che abbiamo ingoiato. È una notte molto antica che abbiamo sempre conosciuto, o che ci ha sempre circondati. Oppure qualcosa che non dice il suo nome. Sono frammenti di cielo e temporale. Si direbbero ricordi, frammenti di sogni sparsi. Specie di singhiozzi come zeppi di quieta gioia. Le nostre gambe rimangono come immobili. Ma siamo certi di avanzare.


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Paysages de jeunesse égarés. Des statues antiques. Des peintures venues du fond des grottes. De grandes forêts murmurantes. Petites maisons à l’orée. Petites réminiscences. Nous sommes toujours vivants, solidement arrimés à la vie. Des choses se passent alentour. Nous sommes des hommes qui émergeons. Nous sommes des hommes qui rêvent. Nous sommes toujours debout même lorsque nous dormons. Nous n’avons pas peur. Quelque chose est en train d’arriver et nous avec. Combien sont-ils à dormir debout ? À remuer de l’intérieur en silence. Combien dans les cris de la nuit, prêts à se mettre en mouvement et en accord avec leurs rêves ? Combien à faire de grands écarts avec le ciel ?


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Paesaggi di gioventù smarriti. Statue antiche. Nei disegni rinvenuti dal fondo delle grotte. Immense foreste mormoranti. Piccole case sul limitare. Piccole reminiscenze. Siamo sempre vivi, solidamente ancorati alla vita. Cose che accadono nel circondario. Siamo uomini che sorgono. Siamo uomini che sognano. Stiamo sempre in piedi anche quando dormiamo. Non abbiamo paura. Qualcosa sta arrivando e arriva con noi. In quanti sono a dormire in piedi? A muoversi dall’interno in silenzio. In quanti tra le grida della notte, pronti a mettersi in movimento e in accordo con i loro sogni? In quanti a frapporre distanze immense con il cielo?


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C’est de lumière tout le long du jour dont nous avons besoin. Et de petites choses. Une main sur une tasse. Un bouton de chemise qui se défait. Une mèche de cheveux. À l’infini. Petites choses à l’infini qui forment une éternité. Qui sont notre salut.


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È di luce durante tutto l’arco del giorno di cui abbiamo bisogno. E di piccole cose. Una mano sopra una tazzina. Un bottone di camicia che si scuce. Una ciocca di capelli. All’infinito. Piccole cose all’infinito che formano un’eternità. Che sono la nostra salvezza.


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La vie nous appartient et nous appartenons à la vie. C’est dans les jardins et dans les rues des villes et au milieu des arbres que nous apparaissons. Personne ne nous connaît mais certains d’entre nous se devinent et sont prêts pour l’accolade et les festins futurs. Les joies à venir ne sont plus loin. On nous fait entrevoir le pire mais nous savons que c’est le meilleur qui nous attend. Nous ne craignons plus dieu parce que nous sommes dieu. Tous et toutes faisons partie du divin et partageons le même cosmos. Nous ne craignons plus rien. Nous vivons notre corps dans sa totalité parce qu’il est unique. Nous touchons à tout ce qui est sacré. Nous sommes de la religion de la vie et du partage. Nous sommes prêts parce que nous seuls sommes vraiment vivants et encourageons la vie.


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La vita ci appartiene e noi apparteniamo alla vita. È nei giardini e nelle strade delle città e in mezzo agli alberi che ci evidenziamo. Nessuno ci conosce ma alcuni tra di noi s’indovinano e sono pronti per l’abbraccio e i destini futuri. Le gioie da venire non sono più lontane. Ci fanno intravedere il peggio ma non sappiamo che il meglio è in agguato. Non temiamo più dio perché siamo noi dio. Tutti e tutte facciamo parte del divino e dividiamo lo stesso cosmo. Non temiamo più niente. Viviamo il nostro corpo nella sua totalità poiché è unico. Tocchiamo a tutto ciò che è sacro. Siamo della religione della vita e della condivisione. Siamo pronti poiché siamo i soli veramente vivi e diamo forza alla vita.


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Nous faisons partie des révolutions de la planète et nous la faisons tourner en tous sens. Nous appartenons à cette galaxie et à toutes les galaxies. Nous revenons de loin. Nous faisons le tour du monde et de la question à chaque génération. Nous avons des amants à chaque coin du monde. À chaque saison nous savons que nous sommes attendus. Ce monde ne nous est pas étranger. Hommes et femmes de bonne volonté s’y rencontrent. Ce sont nos rêves les plus fous que nous chérissons et nourrissons. Ce sont eux que nous sommes en train de vivre. Et nous continuons de rêver nos rêves. Ils sont rêves et réalité en construction. Nous appelons la joie de nos rêves.


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Facciamo parte delle rivoluzioni del pianeta e lo facciamo girare in ogni senso. Apparteniamo a questa galassia e a tutte le galassie. Arriviamo da lontano. Facciamo il giro del mondo e della questione ad ogni generazione. Abbiamo amanti in ogni dove. A ogni stagione sappiamo di essere attesi. Questo mondo non ci è estraneo. Uomini e donne di buona volontà vi s’incontrano. Accarezziamo e nutriamo i nostri sogni più pazzi. Proprio questi stiamo vivendo. E continuiamo a sognare i nostri sogni. Sono sogni e realtà in costruzione. Interpelliamo la gioia dei nostri sogni.



Illustrazione di Lino Cannizzaro per La Vie


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Aux étoiles qui poussent le ciel et à la lumière qui dérobe les trous noirs nous faisons des saluts fraternels. Nous sommes en haut de la montagne mais nous connaissons tous les souterrains et nous nous réchauffons à la lave en fusion des volcans. Nous avons déjà voyagé au centre de la planète.


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Alle stelle che spingono il cielo e alla luce che sottrae i buchi neri inviamo fraterni saluti. Siamo nell’alto della montagna ma conosciamo tutti i sotterranei e ci riscaldiamo alla lava in fusione dei vulcani. Abbiamo già viaggiato al centro del pianeta.


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Nous marchons vite. Et nous parlons lentement pour que chaque mot, chaque parole, chaque respiration disent le monde. Nos voix remplissent l’univers. Nos voix sont des saisons sans noms. Elles sont des horizons, elles sont à perte de vue. Nos voix sont des camarades.


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Camminiamo in fretta. E parliamo lentamente affinché ogni vocabolo, ogni parola, ogni respiro dicano il mondo. Le nostre voci riempiono l’universo. Le nostre voci sono stagioni senza nomi. Sono orizzonti, sono a perdita d’occhio. Le nostre voci sono fratellanza.


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Maintenant c’est la terre battue et les murs blanchis à la chaux. C’est comme une autre époque. C’est du haut de la falaise qu’ils sont tous tombés. Pourtant ils avaient déjà entrevu beaucoup, réinventé les langues et vu au-delà même des mondes possibles. Ils sont notre ossuaire. Maintenant c’est la phosphorescence de leurs os blanchis par le temps qui illumine aussi nos nuits. Os rampants, entassés comme un fait exprès. Os qui disent une vie capable d’englober toutes les vies. Ossuaire : François Villon. Ossuaire : Paul Celan et Ghérasim Lucas dans la mort rassemblés. Ossuaire : la jambe morte d’Arthur Rimbaud. Ossuaire : José Revueltas. Ossuaire : Traven et tous les autres à Mexico. Ossuaire : Thierry Metz. Ossuaire : Georges Hivernaud et Raymond Guérin. Ossuaire : François Augiéras à Domme. Ossuaire : Jacques Kérouac à Big Sur. Ossuaire : Henry Miller aussi à Big Sur. Ossuaire : Blaise Cendrars autour du monde. Ossuaire : le sang toujours rouge de Federico García Lorca. Ossuaire : Georg Trakl et sa sœur. Ossuaire : Emily Dickinson seule et seule. Ossuaire : Fédor Dostoïevski et le cœur de l’homme. Ossuaire : Lautréamont et le cœur de l’océan. Ossuaire : Allen Ginsberg. Ossuaire : Gregory Corso et Peter Orlovski. Ossuaire : les dix-sept syllabes de Matsuo Basho. Ossuaire : Walt Whitman et Henry David Thoreau et l’étang et la marche. Ossuaire : Thomas Wolfe l’ange exilé. Ossuaire: William Blake et ses visions. Ossuaire : Jack Black et William Burroughs. Ossuaire : Paul Verlaine et Germain Nouveau. Ossuaire : Hans Henny Jahn. Ossuaire : Guillaume Apollinaire et toute la zone. Ossuaire : Edmond Jabès et encore cent mille questions. Ossuaire : Fernando Pessoa et l’intranquillité. Ossuaire : Herman Hesse. Ossuaire : Philip K. Dick. Ossuaire : Joseph Conrad. Ossuaire : tous les os des poètes. Les mots des poètes. La voix résonne du bas de la falaise elle monte jusqu’à nous. Nous ne sommes pas seuls. Tous les os comme les voix, brisés, n’en finissent pas de se mettre en branle, de remuer, de vivre. Les os morts sont vivants dans leur blancheur immaculée. À la lune un chœur terrible monte. Nous sommes sous la lune à écouter la musique des morts.


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Adesso è la terra battuta e i muri imbiancati con la calce. È come un’altra epoca. È dall’alto della falesia che tutti quanti sono caduti. Eppure avevano già intravisto molto, reinventato le lingue e visto anche al di là dei mondi possibili. Sono il nostro ossario. Adesso è la fosforescenza delle loro ossa imbiancate dal tempo ad illuminare anche le nostre notti. Ossa striscianti, ammucchiate come di proposito. Ossa che dicono una vita capace d’inglobare tutte le vite. Ossario: François Villon. Ossario: Paul Celan e Ghérasim Lucas nella morte riuniti. Ossario: la gamba morta di Arthur Rimbaud. Ossario: José Revueltas. Ossario: Traven e tutti gli altri a Città del Messico. Ossario: Thierry Metz. Ossario: Georges Hivernaud e Raymond Guérin. Ossario: François Augiéras a Domme. Ossario: Jack Kerouac a Big Sur. Ossario: Henry Miller anche lui a Big Sur. Ossario: Blaise Cendrars intorno al mondo. Ossario: il sangue sempre rosso di Federico Garcia Lorca. Ossario: Georg Trakl e sua sorella. Ossario: Emily Dickinson sola e sola. Ossario: Fëdor Dostoevskij e il cuore dell’uomo. Ossario: Lautréamont e il cuore dell’oceano. Ossario: Allen Ginsberg. Ossario: Gregory Corso e Peter Orlovski. Ossario: le diciassette sillabe di Matsuo Basho. Ossario: Walt Whitman e Henry David Thoreau e lo stagno e il cammino. Ossario: Thomas Wolfe l’angelo esiliato. Ossario: William Blake e le sue visioni. Ossario: Jack Black e William Burroughs. Ossario: Paul Verlaine e Germain Nouveau. Ossario: Hans Henny Jahn. Ossario: Guillaume Apollinaire e tutta la zona. Ossario: Edmond Jabès e ancora centomila questioni. Ossario: Fernando Pessoa e l’intranquillità. Ossario: Herman Hesse. Ossario: Philip K. Dick. Ossario: Joseph Conrad. Ossario: tutti le ossa dei poeti. Le parole dei poeti. La voce risuona dal basso della falesia sale fino a noi. Non siamo soli. Tutte le ossa come le voci, rotte, non finiscono mai di mettersi in movimento, di agitarsi, di vivere. Le ossa morte sono vive nel loro biancore immacolato. Verso la luna sale un coro tremendo. Stiamo sotto la luna per ascoltare la musica dei morti.

(Libero adattamento da “Ossuaire”, una poesia tratta da Canal mémoire di Lucien Suel)

Da La vie, Les fondeurs de briques, 2010


*

La sensation âpre et amère que quelque chose s’avance dans la bouche, entre les dents, déjà sur la langue. Un insecte, un tout petit animal, un doigt. La bouche reste ouverte. Le vent se frotte aux dents, lèche les lèvres, caresse la langue. Il y a comme une forme toute de vent au-dessus de la peau qui sans heurt touche et berce le corps. Les bras, les mains, les yeux. Quelque chose qui s’avance dans le corps. Sur la peau, tout autour.


*

La sensazione aspra e amara che qualcosa avanza nella bocca, tra i denti, già sulla lingua. Un insetto, un piccolissimo animale, un dito. La bocca rimane aperta. Il vento struscia sui denti, lecca le labbra, accarezza la lingua. Vi è come una forma costruita interamente di vento al di sopra della pelle che senza urtarlo tocca e culla il corpo. Le braccia, le mani, gli occhi. Qualcosa che avanza nel corpo. Sulla pelle, tutt’attorno.


*

Sans cesse,
              maintenant je bois le son du visage
avant la bouche et les lèvres.


*

Incessantemente,
              adesso bevo il suono del volto
prima della bocca e delle labbra.


*

La nuit, il fait froid. Déjà depuis l’intérieur du corps il fait froid. Le flux sanguin n’a plus la même allure. Le souffle du soir puis souffle de la nuit lèche et mouille la peau. Belle peau accouplée à la peau diaphane de la nuit. La nuit, il fait froid. Un corps contre la terre. Posé sur le sol. Nu, corps donné à tous les possibles. Traversé par des courants, des flux, des mots, simples sonorités, des pensées, des morts. Traversé par le froid de la nuit et l’idée même de sa présence au monde. Là, précisément au milieu d’un nulle part, au milieu de la nuit, au milieu du monde.


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Fa freddo, la notte. Già dall’interno del corpo fa freddo. Il flusso sanguigno non ha più la stessa andatura. Il respiro della sera poi soffio della notte che lecca e bagna la pelle. Pelle mirabile unita alla pelle diafana della notte. Fa freddo, la notte. Un corpo appoggiato alla terra. Posato sul suolo. Nudo, corpo nudo dato a tutti i possibili. Attraversato dalle correnti, dai flussi, dalle parole, semplici sonorità, dai pensieri, dai morti. Attraversato dal freddo della notte e dall’idea stessa della sua presenza al mondo. Là, precisamente nel mezzo di nulla, nel mezzo della notte, nel mezzo del mondo.


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J’ai vu. La lumière sur le corps là-bas. Seul corps sur la terre. Un corps contre la terre. Éblouissant corps halé, reposé au creux des sonorités du jour. Le silence comme un souffle paisible. De l’encre coule du ciel blanc sans nuages. J’ai vu. Encre blanche traçant sur le sol les contours du seul corps. Un corps contre la terre baignant dans la lumière. Lumière très blanche, très ronde ou mieux : très arrondie.


*

Ho visto. La luce sul corpo laggiù. Solo corpo sulla terra. Un corpo appoggiato alla terra. Scintillante corpo abbronzato, che riposa nell’incavo delle sonorità del giorno. Il silenzio come un respiro quieto. Dal cielo bianco senza nuvole cola inchiostro. Ho visto. Inchiostro bianco che traccia sul suolo i contorni del solo corpo. Un corpo appoggiato alla terra intriso di luce. Luce molto bianca, molto tonda o per dirla meglio: molto arrotondata.


*

           Songer quand c’est encore possible à la paix de la lune, à la peau solide du reptile. Aux histoires perdues.

       Tout en haut du cœur,
                          les rêves d’eau douce
                                           roulent sur la plage.


*

           Sognare quando è ancora possibile alla pace della luna, alla pelle solida del rettile. Alle storie perdute.

       In cima al cuore,
                    i sogni d’acqua dolce
                                     rotolano sulla spiaggia.


Da Un corps contre la terre, Les Vanneaux, 2010

Traduzione dal francese di Viviane Ciampi




Fabrice Caravaca
è nato in Francia, in Dordogna, nel 1977. Oggi vive a Limoges.

Ha pubblicato:

   Morcellement de je ne sais quoi de coloré, Atelier de l’agneau, 2007
   Le poulpe, Le cadran ligné, 2010
   La Vie, Les Fondeurs de Briques, 2010
   Un corps contre la terre, Les Vanneaux, 2010

 

viviane.c@alice.it