FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 5
gennaio/marzo 2007

Alterazioni climatiche

ROBERTO BOLAÑO
Monsieur Pain e Un romanzetto canaglia

di Alessio Brandolini


    Morirò a Parigi mentre fuori piove
    in un giorno del quale ho già il ricordo.

Sono versi del grande poeta peruviano César Vallejo (nella foto a sinistra), morto a Parigi nel 1938: meticcio e marxista. In Monsieur Pain (Sellerio, 2005) Roberto Bolaño (1953-2003) narra della misteriosa morte di Vallejo (in realtà morì di stenti) in un letto d'ospedale, incosciente e tormentato da un sordo singhiozzo. Accanto a sé ha la moglie, sì, però è anche accerchiato da persone infide, da medici inaffidabili che sembra facciano di tutto per accelerarne la morte. Vallejo era un provocatore letterario, politico, poetico: lontano da ogni tipo di compromesso. Che fare per salvarlo? Ecco che appare sulla scena di Monsieur Pain, romanzo pubblicato nel 1999 (ma scritto - ce lo racconta lo stesso autore in una nota al libro che fa da introduzione - nel lontano 1981-1982 quando Bolaño, fuggito in Spagna dal suo Cile fascitizzato, prova a farsi stimare come narratore), il personaggio che dà il titolo al libro, ovvero Pierre Pain, chiamato da un'amica della moglie con il compito di curare il poeta utilizzando le tecniche del mesmerismo (ipnotismo e magnetismo animale).

Pain, uomo riflessivo, fragile ma attento a ogni cosa, narra di questo incontro, che presto si trasforma in uno scontro: gli accade di tutto pur di impedirgli di visitare di nuovo il poeta, di guarirlo agendo sulla psiche più che sul corpo, visto poi che tutti gli organi sono intatti. Un complotto inspiegabile, che sembra sfociare nell'occulto, nel demoniaco.
Trama che si dirama, si espande a macchia d'olio in una Parigi avvolta dalla nebbia, battuta dalla pioggia, mentre giungono echi funesti dalla Spagna, si guardano spezzoni cinematografici, si ascoltano messaggi equivoci, si viene a sapere di strani incidenti avvenuti in passato ai coniugi Curie o ai loro collaboratori, si osservano in ogni particolare perfetti acquari che legano la bellezza marina a relitti bellici in miniatura, che immobili giacciono nel fondo.

Roberto Bolaño è un grande poeta, anche quando scrive in prosa.
I suoi romanzi sono geniali, veloci, moderni nella scrittura e nei contenuti: pieni di fatti (spesso rigorosamente autentici), di voci che suggeriscono ed evocano (non a caso qui a chiusura del libro ci s'imbatte in un paragrafo che s'intitola "Epilogo di voci: la pista degli elefanti"), anche se a volte si perdono sfumando nell'ipotesi, come se l'autore proprio non ci tenesse a mettere il punto finale, a chiudere il filo della narrazione ma, al contrario, lo intrecciasse ad altri fatti per rilanciare nuove storie.
Dietro ogni suo lavoro c'è l'idea d'un romanzo aperto: collage grottesco (Burroughs), labirintico (Kafka, Borges) sfrangiato e strambo (come in un omaggio al dadaismo). Così come accade anche ne La pista di ghiaccio (2004) e Il gaucho insostenibile (2006), pubblicati sempre da Sellerio - e sempre per la perfetta cura di Angelo Morino.

Però alla fine le sue storie tengono bene (e viene voglia di leggerne, o rileggerle, ancora) non tanto per quel che narrano, ma per come lo dicono, per il taglio obliquo e assurdo eppure lucido, come se l'immaginario, alla fine, risultasse più vero del reale (e non a caso il libro culto di Pain è Vite immaginarie, il capolavoro di Marcel Schwob). Per quello che d'incredibile riescono a dire in una narrazione densa e nervosa, la tensione crescente che tiene assieme i pezzi di storie e crea un "effetto puzzle", ma mobile, in continua evoluzione. Per la trama allucinata e sperimentale dal punto di vista delle tecniche della narrazione a sfondo noir. È come se in Monsieur Pain a parlare fosse quell'epoca di debolezze umane, assurde attese, fragilità ideologiche ed economiche, fortissime tensioni (siamo nel 1938), ambiguità e tradimenti politici che rapidamente porteranno al baratro della seconda guerra mondiale, e agli atroci ed estesi stermini ad essa collegati. E intanto Vallejo che incarna la nobiltà della poesia, ma anche quella dell'animo umano - o quello che ne resta - (l'incorruttibile, l'integerrimo grande poeta César Vallejo) muore in un letto d'ospedale.
O si lascia morire in un letto d'ospedale?


Roberto Bolaño, Monsieur Pain (Sellerio editore - La memoria 662, Palermo 2005, traduzione dallo spagnolo di Angelo Morino, pp. 165, € 9,00)




Un romanzetto canaglia è stato pubblicato in Italia nel 2005, da Sellerio, nell'accurata traduzione di Angelo Morino. Uscito in Spagna nel 2002 con il titolo "Una novelita lumpen", ultimo suo lavoro prima della morte avvenuta nel 2003 in un ospedale di Barcellona, in attesa d'un trapianto di fegato. Nato a Santiago del Cile nel 1953, Roberto Bolaño si trasferisce nel 1968 a Città del Messico con la famiglia. Torna in Cile nel 1973, giusto in tempo per vivere nel settembre di quell'anno la sanguinosa caduta di Allende e l'ascesa al potere di Pinochet. Finisce in carcere per otto giorni, fatto liberare da un parente militare fugge in Messico, poi si stabilisce in Spagna.

Quattro i protagonisti del romanzo ("romanzetto", per l'autore) e la storia è raccontata dall'unica ragazza del gruppo che si prostituisce al cieco Maciste: ex attore, ex campione di culturismo. Gli altri tre - di cui uno è suo fratello - vivono con i suoi soldi in attesa dell'audace colpo che all'improvviso gli cambierà per sempre la vita, e finalmente potranno sguazzare nel lusso, vivere alla grande e divertirsi.

Storia breve, ma densa e scura, dai risvolti grotteschi. Ambientata a Roma dove l'editore spagnolo aveva inviato Bolaño per soggiornarvi e poi lì scrivere una storia. Una Roma concreta e luminosa, ma topograficamente inesatta. Questo però non scalfisce il realismo di fondo dell'autore che con distacco descrive la solitudine e le ambiguità dei personaggi, il loro vano desiderio d'amore, d'amicizia, di denaro. Un realismo stratificato, come se tendesse a scavare, a sfaccettare le cose per mostrarne la banalità, o il vuoto. Che poi è il segno originale, sempre riconoscibile di questo autore straordinario che iniziò a scrivere romanzi a quarant'anni e ne scrisse uno all'anno, fino alla morte.

Il libro riporta una strana epigrafe di Antonin Artaud:

    Ogni scrittura è una porcata.
    Chi esce dal nulla cercando di precisare qualsiasi cosa gli passi per la testa, è un porco.
    Chiunque si occupi di letteratura è un porco, soprattutto adesso.

Per questo "romanzo canaglia"?
O è per via dell'inutilità della letteratura?
O del vuoto della vita?

Nel romanzo i personaggi sono ben delineati, soprattutto la ragazza, che racconta da donna matura il proprio passato di orfana ("Adesso sono una madre e anche una donna sposata, ma non molto tempo fa ero una delinquente". Così inizia Un romanzetto canaglia), e il cieco Maciste che vive in una grande casa piena di stanze, polvere e attrezzi ginnici.
Accennavo al vuoto della vita, e così infatti si chiude questa breve storia:

... era una tormenta senza rumore e senza occhi che veniva da un altro mondo, un mondo che neppure i satelliti che girano intorno alla Terra possono captare, e dopo esisteva un vuoto che era il mio vuoto, un'ombra che era la mia ombra.


Roberto Bolaño, Un romanzetto canaglia (Sellerio editore, La memoria 636, Palermo 2005, traduzione dallo spagnolo di Angelo Morino, pp. 95, euro 8,00)




Romanzi di Roberto Bolaño pubblicati in Italia:

    2006, Il gaucho insostenibile (Sellerio)
    2005, Monsieur Pain (Sellerio)
    2005, Un romanzetto canaglia (Sellerio)
    2004, La pista di ghiaccio (Sellerio)
    2004, Puttane assassine (Sellerio)
    2003, Notturno cileno (Sellerio)
    2003, I detective selvaggi (Sellerio)
    2001, Amuleto (Mondadori)
    2000, Chiamate telefoniche (Sellerio)
    1999, Stella distante (Sellerio)
    1998, La letteratura nazista in America (Sellerio)

     

 

alexbrando@libero.it